Il Ghana (circa 29milioni di abitanti, 646 italiani residenti iscritti all’Aire alla fine del 2017), è uno dei paesi africani sui quali sarà opportuno concentrare l’azione dell’intelligence europea per impedire che immigrazione irregolare e traffico di stupefacenti non diventino problemi più seri di quanto già non lo siano. Questa considerazione vale anche per il nostro paese, a cominciare dall’immigrazione clandestina che ha visto, nel decorso 2017, circa 4mila arrivi di cittadini ghanesi, soccorsi in mare a bordo di gommoni salpati dalla Libia. Ora, siccome il Ghana presenta una certa stabilità politica, con un Governo insediatosi da poco più di un anno, che avrebbe anche risanato il bilancio statale e fatto crescere il Pil del 6,3%, considerando che non si rilevano particolari problemi di tensioni sociali e di criminalità, né tantomeno di guerre o rivolte in atto, sarebbe naturale che i ghanesi irregolari sul nostro territorio venissero rimpatriati. E invece il Ghana, che è un paese donor darling  e, in quanto tale, riceve consistenti contributi da americani, inglesi, francesi e tedeschi e solo “briciole” italiane, non intende sottoscrivere alcun accordo con il nostro governo in tema di rimpatri. Questa volontà è stata ribadita poco più di due mesi fa, precisamente il 5 dicembre 2017, dallo stesso ministro dell’interno ghanese  Ambrose  Dery, in occasione di un incontro presso la residenza dell’ambasciatore italiano, presenti gli altri ambasciatori dell’UE. Va anche ricordato che le trattative per sottoscrivere questo accordo erano ferme, sempre per volontà del governo ghanese, sin dal 2015; analogo scarso interesse anche per gli altri due accordi, sempre con l’Italia, in tema di estradizione e cooperazione giudiziaria. Questo atteggiamento  verso l’Italia si rileva anche nel settore della collaborazione antidroga ghanese, che è, invece, molto stretta con gli inglesi della NCA (National Crime Agency)e gli americani della DEA (Drug Enforcement Administration) presenti ad Accra.  

La conferma di questa situazione che, in realtà, si rileva anche in molti altri paesi, non solo africani, dove sono i gringos e gli inglesi a  dominare l’azione antidroga anche per gli organismi locali, sta nella costituzione di nuclei di poliziotti ghanesi, particolarmente affidabili, alle dipendenze dirette, presso le rispettiva ambasciate, degli agenti stranieri “finanziatori”.   Una sorta di “colonialismo dell’antidroga”. Ingiustificabile l’atteggiamento ghanese nei confronti dell’Italia che, invece, ha avuto un’importante attenzione istituzionale verso le autorità ghanesi, riservando, per esempio nel 2017, corsi di formazione a 27 funzionari di polizia a Roma, presso la Direzione Centrale per i Servizi Antidroga, e a Caserta, presso la Scuola di Polizia. Senza contare il Ghana Private Sector Development Facility, unico accordo bilaterale con l’Italia (terminato a dicembre 2017) che ha finanziato lo sviluppo delle piccole e medie imprese ghanesi con 20 milioni di euro ( ed un ulteriore contributo, donato, di altri due milioni di euro). Tornando alla situazione del narcotraffico in Ghana, le evidenze investigative del 2017 confermano che il paese è un produttore di droghe sintetiche, di transito di spedizioni di cocaina dirette in Inghilterra e secondo produttore (dopo la Nigeria) di una marijuana di ottima qualità. Una situazione, dunque, che richiederebbe un efficiente assetto organizzativo ed operativo della Polizia ghanese che, nella realtà, presenta molte carenze. In ognuna delle dieci regioni amministrative in cui è suddiviso il paese, esiste un comando regionale del Ghana Police Service ( polizia ad ordinamento civile). Il comando generale ha sede nella capitale Accra e, all’interno di tale organismo opera il Dipartimento delle Indagini Criminali che include l’ufficio centrale antidroga (Drug Law Enforcement Unit). La sostanziale assenza di informazioni su sequestri ed arresti che avvengono negli uffici periferici della Polizia (Divisioni, Distretti e Stazioni) e la mancanza di circolarità di tali informazioni, non consentono di avere la situazione sotto controllo, tanto più che mancano gli elementari strumenti di comunicazione (fax, computer, internet)e di raccolta dati.

Quasi impossibile procedere alle analisi di laboratorio delle sostanze sequestrate ( l’unico laboratorio è nella capitale) per la mancanza di mezzi di collegamento e le grandi distanze degli uffici periferici da Accra. Ciò avrebbe determinato, tra l’altro, in diversi casi, l’interruzione e la conseguente archiviazione, da parte dei giudici, di processi penali contro narcotrafficanti e la loro scarcerazione. Insomma, una situazione non certo rassicurante per svolgere un’attività di repressione al traffico di stupefacenti. Tanto più che il Ghana, anche nel 2017, si è confermato, come accennato, un paese di transito della cocaina ( solo 311kg sequestrati nel corso dell’anno ma il dato è approssimativo) proveniente, in particolare, dal Brasile e diretta in Inghilterra dove, secondo la polizia britannica, opererebbe un gruppo criminale ghanese. Criminalità che si segnala soprattutto per il traffico di marijuana destinata in parte (circa il 30%) al mercato interno e la restante ai paesi vicini e a quelli europei. Le piantagioni di cannabis si estendono in otto delle dieci regioni, anche se in buona parte sono concentrate in tre (la regione Brong-Ahafo, la Eastern e la Volta) dove la marijuana viene preparata, nei vari villaggi con l’impiego di centinaia di contadini e di disoccupati,  in confezioni da uno o da mezzo chilogrammo  chiamate slabs. Il sequestro complessivo, nel 2017, di circa 4,7ton di marijuana è un dato sicuramente poco significativo per le considerazioni fatte, mentre le 12 ton di marijuana intercettate, ad aprile del 2017, nel porto di Tilbury (Inghilterra) in un container, confermano la rotta privilegiata verso quel paese con probabile ulteriore smistamento dello stupefacente ghanese anche verso altre destinazioni europee.

 

di Piero Innocenti
(Dirigente generale della Polizia di Stato a riposo, Questore in alcune importanti città italiane ha avuto una pluriennale esperienza nella Direzione Centrale per i Servizi Antidroga svolgendo anche servizio in Colombia come esperto).