Le violente conflittualità etnico religiose in atto nel Continente africano, sempre più degradato sul piano economico e sociale, la guerra in Siria, le persistenti turbolenze in Iraq, Somalia, Libia, Nigeria, Eritrea, Mali e Guinea, continuano ad essere le cause principali che spingono l’emigrazione verso i paesi dell’Ue e, in particolare, verso l’Italia per la ben nota situazione del flusso migratorio proveniente dalla costa libica. Flusso che, anche se attenuatosi di circa il 22% in questi primi nove mesi del 2017 rispetto allo stesso periodo del 2016 quando si registrarono circa 120mila migranti soccorsi/sbarcati sulle nostre coste, evidenzia ancora nei nigeriani la componente maggiore ( circa 18mila) sul totale degli arrivi. I nigeriani in possesso di regolare permesso di soggiorno in corso di validità a metà del corrente anno, oltre 80mila (molti dei rilasciati per motivi di carattere umanitario), rappresentano la quinta comunità presente sul territorio nazionale.

Non potevano mancare sodalizi malavitosi di questa etnia attivi in Italia e insediatisi, sin dagli anni Ottanta, specialmente in Piemonte ( con Torino in testa), in Lombardia, nel Veneto e, poi, in Emilia Romagna. Successivamente, la presenza di gruppi delinquenziali nigeriani stabilmente organizzati si è spostata anche al centro-sud, insediandosi in Campania, nel casertano e sul litorale Domitio, zone dove oggi si registra la presenza più rilevante. Le originarie attività illecite, controllo della prostituzione e traffico/spaccio di stupefacenti, commesse da gruppi isolati, senza una stabile organizzazione, hanno acquisito nel tempo un peso maggiore nel panorama criminale italiano conquistando le zone “grigie” del mercato cioè quelle non controllate dalla criminalità organizzata autoctona che, tradizionalmente considerava lo sfruttamento della prostituzione un’attività di basso profilo e poco remunerativa ed utilizzava (utilizza) manovalanza criminale straniera per la vendita al minuto degli stupefacenti.

Oggi la tratta di giovani donne nigeriane da avviare alla prostituzione ed il commercio delle droghe costituiscono le principali fonti di reddito per le organizzazioni criminali nigeriane che si sono tanto evolute da poter interagire alla pari con le organizzazioni criminali locali che tradizionalmente controllano le attività illecite in  alcune aree del sud Italia. I due settori, peraltro, sono strettamente collegati in quanto il narcotraffico di matrice centro africana, spesso, è alimentato dalla prostituzione, così come, viceversa, l'”acquisto” di donne da “strada” avviene grazie ai proventi dello spaccio di stupefacenti. Lo sfruttamento della prostituzione è caratterizzato, lo ricordiamo, da elementi distintivi propri rispetto a quello di altre etnie coinvolte nello squallido fenomeno. Infatti, il semplice ma efficace meccanismo della costrizione da debito che grava sulle donne clandestinamente introdotte in Italia, si aggiunge a meccanismi di “controllo” attuato attraverso riti magici (“voo-doo”) che riduce le giovani prostitute nigeriane in uno stato di sostanziale schiavitù consentendo ai gruppi criminali di tale etnia di mantenere in uno stato di  soggezione totale le donne che difficilmente denunciano gli sfruttatori alle forze di polizia.

Il dato che è andato emergendo nel corso di indagini di polizia in questi ultimi anni è la commistione tra sodalizi criminali nigeriani ed autoctoni in relazione al business della tratta di donne nigeriane da sfruttare. L’originaria “tolleranza” nei confronti di gruppi nigeriani si è trasformata in “cooperazione”, in “accordi di mutua assistenza” secondo i quali le prostitute devono pagare una sorta di ” canone di affitto” per l’utilizzo delle porzioni di strade, vie in cui esercitano la loro attività denominati “joint”. Senza contare il fatto che, specialmente nell’area del napoletano e del casertano, vi è una rete di piccoli, anonimi alberghi dislocati nel centro città e nella zona portuale riconducibili a prestanome di clan camorristici che mettono a disposizione delle varie “madame” le proprie strutture ricevendone in cambio parte dei profitti. Analogamente avviene nei locali notturni controllati dai vari clan  che lucrano sulla prostituzione che vi si svolge all’interno. Un’altra piaga è quella dello sfruttamento della manodopera in nero che i nigeriani riescono ad esercitare a partire dal reclutamento in patria, alla fornitura di documenti fasi per l’espatrio, al trasferimento nei paesi di arrivo, allo smistamento nei vari ambiti di impiego illecito.

di Piero Innocenti
(Dirigente generale della Polizia di Stato a riposo, Questore in alcune importanti città italiane ha avuto una pluriennale esperienza nella Direzione Centrale per i Servizi Antidroga svolgendo anche servizio in Colombia come esperto).