Alcuni giorni fa , Rosy Bindi, presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, a Malta per una serie di incontri istituzionali, ha messo in guardia sulla presenza nell’isola di elementi della ‘ndrangheta e di cosa nostra che avrebbero attivato sedi legali per attività illecite, in primis il riciclaggio di denaro sporco. In realtà la notizia ha trovato pochissimo spazio sui quotidiani nazionali. Le vicende di mafia sembrano, purtroppo, interessare sempre meno e il disinteresse cresce quando le faccende investono non casa nostra ma altri paesi. Anche molto vicini, come il caso di Malta. Proviamo, allora,a riepilogare qualche particolare sul punto partendo dalle analisi e valutazioni più attendibili che si possono ricavare dalle relazioni periodiche della Direzione Investigativa Antimafia (DIA).

Rapporti che soltanto negli ultimi anni contengono preziose informazioni sulle espansioni delle mafie italiane in territori esteri. In passato si sono sempre fatti rapidi, sintetici accenni. Venti anni fa, poi, le stringate relazioni della DIA (quasi) nulla riportavano sulle diramazioni estere di cosa nostra, della ‘ndrangheta e non si può certamente dire che le attività e gli affari all’estero, con i relativi insediamenti mafiosi, siano fatti avvenuti solo recentemente. Tornando a Malta, già tre anni fa (2014) la DIA ne parlava come “..di ulteriore luogo di rifugio per i latitanti camorristi..” complice anche la vicinanza geografica con l’Italia. La considerazione scaturiva dall’arresto a Mosta, avvenuto in ottobre, di Donatella Concas affiliata al clan dei Casalesi e condannata con sentenza definitiva nell’ambito dell’operazione “Serpe” condotta dalla DIA padovana.

L’anno dopo,è sempre la DIA a riordinare il quadro, parlando di un’organizzazione di matrice ‘ndranghetista che aveva ideato una rete commerciale, ben strutturata e gerarchizzata, per la raccolta di scommesse on line che dal territorio reggino interessavano Austria, Spagna e Romania attraverso una società di riferimento stabilita a Malta che aveva già operato nelle Antille Olandesi e a Panama (noti paradisi fiscali). Malta, dunque, è stata utilizzata dalle consorterie della ‘ndrangheta (in particolare dalla cosca Tegano di Reggio Calabria) per riciclare i capitali di provenienza illecita come confermato dalla sentenza di primo grado (giugno 2016) pronunciata dal g.u.p. del Tribunale di Reggio Calabria nel contesto di uno stralcio della operazione “Gambling” ( inchiesta che ha portato al sequestro di circa due miliardi di euro tra beni mobilie e immobili) . Ma c’è di più. Nel primo semestre del 2016, la DIA parla di “..interessanti collegamenti con l’isola che sono emersi (..) con una partita di armi, trafficate con “modalità informatiche”, da un esponente del clan Ceusi collegato alla più nota famiglia Santapaola-Ercolano.

Sempre nell’isola aveva trovato rifugio, da alcuni anni, Sebastiano Brunno, reggente del clan Nardo ( anche questo vicino ai Santapaola), latitante dal 2009 e condannato all’ergastolo per associazione mafiosa e omicidio. Catturato nel 2014 è stato estradato in Italia nel gennaio del 2016. Le ultime notizie sono di settembre e riguardano l’arresto, a Pozzallo (Ragusa), di padre e figlia in attesa di imbarcarsi per l’isola con circa mezzo quintale tra hashish e marijuana. Insomma, Malta – lo ricordiamo è un paese membro dell’UE – è diventata, da tempo, una pacchia anche per le mafie italiane alla ricerca costante di canali e sistemi per investire le ingenti ricchezze frutto del narcotraffico, delle scommesse, dei traffici di armi. Quello che, sino ad ora, è emerso dalle indagini fatte dalle nostre forze di polizia e dalla DIA, è soltanto una piccola parte degli “sporchi affari” che stanno facendo a Malta alcuni boss mafiosi italiani.

 

di Piero Innocenti
(Dirigente generale della Polizia di Stato a riposo, Questore in alcune importanti città italiane ha avuto una pluriennale esperienza nella Direzione Centrale per i Servizi Antidroga svolgendo anche servizio in Colombia come esperto).