Ignoranza, malafede e  strumentalizzazioni sono alla base delle recenti esternazioni di alcuni esponenti politici e amministratori pubblici (non solo la sindaca di Roma) che sul tema delle migrazioni invocano la “linea dura”. La Raggi ha  inoltrato  una lettera al prefetto della capitale per una “moratoria” sui nuovi arrivi e sollecitando, contestualmente, un incontro con il ministro dell’interno Minniti. Quest’ultimo che, evidentemente non ha bacchette magiche per bloccare o arginare i flussi migratori che continuano ad interessare il Mar Mediterraneo con destinazione sulle nostre coste, ascolterà sicuramente le doglianze di tutti ma,  nonostante il pragmatismo e le iniziative adottate negli ultimi mesi, non credo possa fare granché sul punto. Si progetta, peraltro, la chiusura dei campi Rom sorti negli anni nelle periferie romane e lasciati all’incuria e al degrado totali e con ciò si pensa di  ripristinare la “sicurezza” nelle città che è imputabile a ben altri fenomeni criminali e di degrado ambientale – istituzionale.

Sugli “alloggiamenti” dei rom dovrebbero valere anche le norme di diritto che, di seguito, sinteticamente riportiamo. Il diritto all’alloggio, insieme al diritto al lavoro, all’istruzione, all’assistenza sanitaria e alla protezione sociale, fa parte dei diritti economici e sociali che ricevono adeguata tutela ai sensi del diritto comunitario. Ora, se è vero che la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (CEDU)  tutela principalmente i diritti civili e politici e solo limitatamente interviene su quelli economici e sociali, tuttavia, la Carta Sociale Europea (CSE)- è un Trattato del Consiglio d’Europa – adottata nel 1961 e riveduta nel 1996, integra la CEDU costituendo un riferimento fondamentale per il diritto europeo in materia di diritti umani nella sfera dei diritti economici e sociali tra cui, appunto, l’alloggio, la salute, l’istruzione, l’occupazione,la protezione sociale, la non discriminazione.

La CSE stabilisce diritti e libertà fondamentali e istituisce un meccanismo di controllo e un sistema di reclami collettivi che dovrebbero garantire il rispetto della stessa Carta da parte degli Stati membri. Il diritto ad un alloggio adeguato è parte integrante del diritto di ogni individuo ad un livello di vita adeguato sancito dall’art.11 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali. La CEDU, tuttavia, non stabilisce il diritto ad una abitazione ma solo il diritto al rispetto del proprio domicilio. Sebbene non esista alcun diritto all’abitazione in quanto tale, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Corte EDU), ha nel tempo esaminato il mancato riconoscimento del diritto all’accoglienza da parte degli Stati membri che sono tenuti a garantirne il rispetto in relazione a precisi obblighi giuridici e, sia pure in situazioni particolarissime, ha ritenuto tale diniego così grave da costituire una violazione dell’art.3 della CEDU sulla proibizione di trattamenti inumani e degradanti.

La Corte EDU è stata particolarmente attenta a non interferire con il diritto degli Stati membri di imporre condizioni di ammissione, compresa la situazione in cui i nuovi immigrati sono esclusi dall’assistenza abitativa pubblica. Tuttavia vi sono state, in passato, due decisioni del Comitato Europeo dei Diritti Sociali (CEDS) su ricorsi presentati che meritano attenzione. La prima decisione  risale al 20 giugno 2010 (ricorso n.52/2008 COHRE c. Croazia) con cui è stato sottolineato che “gli Stati parti debbono essere particolarmente consapevoli dell’impatto delle loro scelte sui gruppi più vulnerabili”. Nel secondo caso (ricorso n.58/2009, COHRE c. Italia del 25 giugno 2010), è stato ritenuto che il trattamento riservato ai Rom, sfratti coatti dalle loro abitazioni, costituisse una violazione dell’articolo E in combinato disposto con l’art.19, paragrafo 8. Insomma, prima di procedere, con quella disinvoltura con cui si vorrebbe fare, a sgomberare i Rom dalle loro precarie e degradate abitazioni, si dovrebbe pensare a trovare sistemazioni adeguate e vivibili per quelle persone. Nell’interesse di tutti.

 

 

di Piero Innocenti
(Dirigente generale della Polizia di Stato a riposo, Questore in alcune importanti città italiane ha avuto una pluriennale esperienza nella Direzione Centrale per i Servizi Antidroga svolgendo anche servizio in Colombia come esperto).