Non sono operazioni semplici come qualche politico si ostina a far credere all’opinione pubblica le espulsioni, i respingimenti alla frontiera, i rimpatri di stranieri irregolari sul territorio nazionale. La materia, complessa, è regolata dal diritto interno, comunitario e dalle Convenzioni internazionali. I rimpatri, peraltro, sia “congiunti” (organizzati sotto l’egida europea di Frontex) che effettuati autonomamente, presuppongono accordi con i paesi di origine e, allo stato, ci sono solo con la Nigeria, la Tunisia e l’Egitto. I flussi di stranieri irregolari che interessano il nostro paese ( considerato frontiera esterna dell’UE) non si sono arrestati né tanto meno attenuati con la previsione del cosiddetto reato di clandestinità (art.10bis “Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato”) introdotto con la legge 2009/94 nell’impianto normativo del testo unico sull’immigrazione del 1998.

L’effetto deterrente che avrebbe dovuto svolgere la norma – secondo quanto scritto nella relazione che accompagnò il disegno di legge relativo – è stato pressoché nullo. Il reato contravvenzionale, di questo si tratta, è stato un grande bluff ed è servito solo per fare propaganda politica,  contribuendo ad intasare ulteriormente gli uffici di polizia e quelli giudiziari con fascicoli e provvedimenti inutili (sanzioni pecuniarie, da 5mila a 10mila euro, ovviamente mai pagate dai “clandestini”). Anche i provvedimenti di espulsione e gli ordini del questore di lasciare il territorio nazionale continuano ad essere spesso “ignorati” dai destinatari ( l’ultimo esempio è di alcuni giorni fa, con un tunisino “clandestino” da dodici anni e destinatario di due provvedimenti di espulsione che, a Padova, è stato arrestato dalla polizia per la nona volta). Non è semplice neanche l’intervento repressivo in mare, di tipo penalistico, non quello macchiettistico e irreale del blocco navale di tanto in tanto formulato da qualche incauto politico, su navigli in alto mare coinvolti in operazioni di migrazione irregolare.

L’esercizio della giurisdizione italiana in acque internazionali diventa ancor più complicato nei casi di natanti privi di bandiera o con bandiera apparente o, comunque, coinvolti in attività illecite. Quattro anni fa, proprio sulla scorta di valutazioni e orientamenti diversi, seguiti da alcune Procure di “frontiera”, la Direzione Nazionale Antimafia elaborò alcune interessanti “linee di indirizzo pratico-operativo” che potessero essere utili, nel corso di indagini, nei confronti di associazioni criminali dedite al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina che utilizzavano imbarcazioni per il trasporto di migranti. Fenomeno ancora oggi presente, seppur diminuito rispetto agli anni passati, nel Mediterraneo centrale in relazione ad una intensa (e discutibile) azione politico-diplomatica svolta negli ultimi due anni, in particolare dal ministro dell’interno Minniti con il governo Serraj e i capi tribù libici, per quanto concerne il flusso proveniente dalla Libia ( paese ancora nel caos come emerge anche dalle notizie delle ultime ore).

Flussi che, comunque, sono diminuiti di circa il 70% nel primo quadrimestre del 2018 ( 296 gli ultimi migranti sbarcati a Pozzallo il 26 maggio scorso) rispetto allo stesso periodo del 2017. D’altronde, va detto con estrema chiarezza, che il contrasto all’immigrazione clandestina è di competenze specifica del Ministro dell’Interno che si avvale, in particolare, della Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere (Dipartimento della Pubblica Sicurezza), istituita con la legge 189/2002. Vi è, poi, il decreto interministeriale del 14 luglio 2003, con cui il Ministro dell’Interno ha individuato le autorità competenti alle attività di vigilanza , di prevenzione e di contrasto dell’immigrazione clandestina via mare, svolte dai mezzi aeronavali della Marina Militare, delle Forze di Polizia, delle Capitanerie di porto.

Attività molto complesse il cui coordinamento, se si tratta di sorveglianza e soccorso in mare, compete al Corpo delle Capitanerie di porto, ma se concerne interventi di polizia la competenza spetta in via prioritaria alle forze di polizia, secondo piani regionali di vigilanza nelle acque territoriali ed interne, e alle forze armate e di polizia per le acque internazionali, secondo quando stabilito nell’art.4 del decreto innanzi citato.  In quest’ultimo ambito marino, poi, se nella fase esecutiva diretta alla prevenzione e al contrasto del traffico illecito di migranti ciascuna amministrazione/ente è responsabile della emanazione delle direttive attuative ai mezzi dipendenti (tenendo informati gli altri), nella eventualità di interventi sulla medesima scena operativa, sono le unità della Marina Militare che assumono il coordinamento operativo di tutti i mezzi coinvolti, per le specifiche caratteristiche e capacità dei sistemi di comunicazione di cui dispongono (art.5 del decreto citato).

Insomma, già questi sintetici riferimenti normativi e regolamentari fanno capire come non possa essere così “sbrigativa e rapida” la politica sull’immigrazione sbandierata nella recente campagna elettorale. Anzi, forse non  è affatto realizzabile. A meno che il prossimo Ministro dell’Interno non intenda violare le leggi nazionali e comunitarie sulla materia e i diritti inviolabili delle persone che fuggono da persecuzioni, conflitti e miserie.

 

di Piero Innocenti
(Dirigente generale della Polizia di Stato a riposo, Questore in alcune importanti città italiane ha avuto una pluriennale esperienza nella Direzione Centrale per i Servizi Antidroga svolgendo anche servizio in Colombia come esperto).